RIABILITAZIONE POST-COVID

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LONG-COVID”, I REDUCI DEL CORONAVIRUS, CHE CONTINUANO A SOFFRIRE NONOSTANTE SIANO GUARITI DAL VIRUS.

*Tratto da un articolo di Fabio di Todaro comparso sul Magazine della Fondazione Veronesi.

“L’esito negativo del tampone molecolare sancisce nella maggior parte dei casi la guarigione dall’infezione e permette a chi è reduce dalla Covid-19 di riprendere la propria vita all’interno della società.
Non sempre però questo step pone fine alla malattia. Con il passare dei mesi e l’aumentare dei pazienti, cresce infatti la quota di chi segnala alcuni sintomi che gli esperti oggi valutano come una possibile «coda» della polmonite interstiziale determinata da Sars-CoV-2.

Da qui il nome di Long-Covid dato a questo insieme di manifestazioni che, a leggere le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet, non sono una rarità. Tutt’altro: a soffrirne sarebbero infatti 3 su 4 dei pazienti costretti al ricovero durante la fase acuta della malattia.

L’ipotesi che Covid-19 possa lasciare il segno nel tempo trova conferma in uno studio cinese condotto su oltre 1.700 pazienti ammalatisi a Wuhan tra gennaio e maggio. Seguendoli per l’intero arco dell’estate, i camici bianchi che per primi si sono ritrovati a fare i conti con la pandemia hanno registrato che il 76 per cento di coloro che si erano ammalati di Covid-19 non si sentiva completamente ristabilito nemmeno sei mesi dopo aver superato l’infezione. Almeno un sintomo continuava infatti a essere presente nel tempo, nonostante la guarigione. ……………
Ora scopriamo che la maggior parte dei pazienti che hanno sviluppato la Covid-19 in maniera severa convive con le conseguenze dell’infezione anche molto tempo dopo aver lasciato l’ospedale».

QUALI SONO I SINTOMI PIÙ FREQUENTI?

La stanchezza e la debolezza muscolare sono stati i sintomi documentati con maggiore frequenza (da 6 pazienti su 10). A seguire i disturbi del sonno, l’ansia e la depressione (rilevati in media in 1 persona su 4).
Oltre a registrare quanto dichiarato dai pazienti, i medici hanno sottoposto 349 di loro a una serie di test per valutare la funzionalità polmonare: spirometria, ecografia e Tac del torace.
Da questi è emerso che quanto più severa era stata la polmonite, tanto più evidente era la riduzione della capacità respiratoria.
Segno con ogni probabilità di un’aumentata cicatrizzazione del tessuto polmonare, sui cui margini e tempi di recupero occorrerà indagare ancora.

A fronte della ridotta capacità dei polmoni di supportare l’attività del corpo, i medici hanno registrato peggiori performance di questi ex pazienti al test del cammino in 6 minuti, usato per valutare la performance fisica durante uno sforzo moderato. In poco più di un decimo dei reduci dalla Covid-19 è stato inoltre registrato un calo della funzionalità renale. ………………

Ci sono pazienti che raccontano di fare anche fatica a respirare, perché i muscoli coinvolti non hanno la forza sufficiente a svolgere la loro funzione.

Eppure questo aspetto non è ancora considerato come dovrebbe in Italia.

Poche e mal distribuite sono infatti le strutture che hanno messo a punto percorsi ad hoc per i reduci da Covid-19. «I danni permanenti a livello dei polmoni, degli occhi, del cuore e del fegato non sono così frequenti.

Non bisogna però sottovalutare la persistenza della stanchezza, per individuare chi ha bisogno di un programma di riabilitazione e di supporto nutrizionale attraverso cui controllare la perdita di massa muscolare.

Importante è anche la gestione dei disturbi della sfera psichica di questi pazienti, molti dei quali presentano un disturbo post-traumatico da stress».”

 Articolo di Fabio Di Todaro
Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013.
Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione

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