Lettera di ringraziamento da parte di Maria Grazia Simoni

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Mi chiamo Maria Grazia e lavoro in Overphysio ormai da quasi dieci anni. 

Nel corso di tutto questo tempo più volte mi sono confrontata con la cosiddetta disabilità.

Ogni volta i miei pazienti mi hanno permesso di entrare nelle loro vite e di intravedere un pezzo della loro storia. 

Sono qui per raccontarti una di queste storie.

Sai, incontro spesso genitori sopraffatti dalla nascita di un bambino diverso dagli altri e che verrà “catalogato” con lo stigma di “disabile”.

Li vedo organizzare le loro vite, quelle dei nonni, la loro vita sociale in modo che il loro bambino ne faccia parte nel migliore dei modi. 

Nei loro sguardi indagatori intravedo la luce di un sorriso quando scorgono nei loro figli piccoli successi raggiunti l’aiuto dei nostri fisioterapisti: prendere una pallina colorata nella nostra piscina, battere la manina a pelo d’acqua, dormire spossati dopo una seduta in acqua calda. 

Piccoli ma grandi successi che aiutano un genitore a continuare il percorso quotidiano di gestione di una “disabilità” che a volte può essere pesante come un macigno.

Porto sempre con me l’immagine dei bambini che entrano da noi in carrozzina e che a loro modo, agitandosi o imitando il gesto di battere le mani, ci manifestano apertamente che sono contenti di  “giocare” con i nostri fisioterapisti in acqua oppure ascoltare con loro della musica pop mentre eseguono  gli esercizi di rinforzo muscolare o di apprendimento propriocettivo

Incontro anche  genitori ormai anziani che sono gli angeli custodi di “disabili” ormai adulti: entrano, camminando insieme al figlio, sostenendosi l’un l’altro. Affidano i loro figli, grandi come età e corporatura ma ancora bambini, al lavoro dei nostri fisioterapisti e aspettano pazientemente in sala d’attesa. 

Leggono, parlano con le nostre ragazze, si prendono un caffè. 

Per loro quella è un’ora di pace perché per quel piccolo spazio di tempo il loro figlio è affidato in buone mani e si sentono, per poco, sollevati dalla loro cura.

Alla fine della seduta caricano il figlio nella utilitaria attrezzata , aiutati dai nostri fisioterapisti e ripartono per le loro vite.

Incontro manager, imprenditori, uomini e donne di successo che improvvisamente hanno visto crollare la loro impostazione di una vita per un ictus, una emorragia cerebrale o altro evento improvviso e straordinario, che ha cambiato il loro modo di essere definiti : da abili sono entrati nel mondo dei disabili.

Li ho visti accompagnati da moglie, mariti, compagni sconcertati e confusi perché il loro caro ha cambiato identità stravolgendo la loro routine, l’organizzazione delle loro giornate, la gestione dei figli perfino l’arredamento della casa.

Ma li ho visti illuminarsi e rasserenarsi per le conquiste e riconquiste del loro caro,  che con il tempo si riappropria di abilità compromesse : il cammino, il linguaggio, la deglutizione. 

Ho visto i nostri fisioterapisti consultarsi fra di loro, con le logopediste, la psicologa, il dietologo, per creare una rete di cura congiunta  per questi pazienti. 

Tutti loro sono come dei meccanici, in senso metaforico; si consultano e si avvicendano attorno a questa  macchina che è il nostro corpo e che si è guastata improvvisamente. Per i fisioterapisti e i nostri specialisti è quasi una sfida contro il tempo: far recuperare nella massima misura possibile il loro paziente.

Vedo donne e uomini coraggiosi colpiti in giovane età da una malattia che con il tempo li renderà ancora meno abili, come la sclerosi multipla, il Parkinson e la Sla.

Li vedo combattere tutti i giorni per non permettere alla malattia di degenerare ulteriormente.

A volte la malattia prende il sopravvento, altre volte rallenta il corso

Ma loro sanno e possono essere certi che se c’è una possibilità anche minima di miglioramento o stabilizzazione della malattia, i nostri fisioterapisti sono sempre al loro fianco per stimolarli, consigliarli e studiare sempre nuove strade, le ultime tecnologie,per aiutarli a combattere la loro battaglia.

Mi fermo qua perché anche se non allo stesso modo e non è paragonabile, anche io soffro con loro. E a volte anche parlarne mi fa male.  

Ma quello che mi preme dire è, senza falsa retorica, esprimere il mio più sincero ringraziamento per ai nostri “disabili”: per i loro sorrisi, per il loro esempio e perché no, per i dolcetti che di tanto in tanto ci portano per ringraziare il lavoro dei ragazzi di Overphysio.

Maria Grazia 

Titolare di Overphysio


 

 

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